martedì 11 novembre 2008

Ascoltando i Quartetti di Telemann

- Il testo non è personale, non riguarda vicende realmente vissute, ed è stato strutturato causalmente costruendo un albero di associazioni di idee radicato nella musica di Telemann. -

Ascoltando i Quartetti di Telemann,
Sento la tua voce che viene dagli astri,
E mi dice cose che non so, che non ricordo,
Nel pieno di questo ponte spezzato sull'abisso.
E le nuove formule sembrano disarticolarsi
In un vortice che è pieno del tuo specchio,
E mi rinforza la speranza che non giace
Su un letto a baldacchino impolverato,
Ma ritorna, quasi compie il suo destino,
E mi aspetta, tenendomi la mano,
Ma è il tuo occhio che mi guarda appena,
E sorride forse, ma velato d'incertezza,
In un tempo che non sembra ricordare
I sentimenti appassiti dei tuoi fiori,
E le carezze d'un vento ormai caduto,
Ed i fiori sparsi a terra alla rinfusa,
Che non guardano se non a quel ruscello
Che li porta lontano dalla vita
Nello sbocco che finisce dentro il mare
Che racchiude cento mille e più conchiglie,
Ma non raccoglie mai nessuna perla,
E adesso che ti guardo nelle stelle,
Sei tu, e non riesco più a guardare
Il castello che risplende su nel cielo,
E che di tante stanze porta
Un silenzio sussurrato nel segreto,
Che rammenta giorni antichi che non sono
Se non persi nello spazio d'un istante,
E le foglie appassite, scricchiolanti,
Che dal cielo finirono nel fango,
Ed i tanti folli sogni decantati
Nei poemi aperti sulla pagina perduta,
Che non leggesti, non facesti in tempo,
E ne avesti un ricordo frammentato,
E quei dolci cucinati con diletto,
Poi mangiati, eppur com'era amaro
Quel sapore di separazione
Che sembrava avvelenare ogni boccone.
Eppure ancora questi segni
Geometrici forse di violino,
Che dan magari un tocco di delizia,
Come una lastra fatta di raggi lunari,
Sospesa tra quel giorno e quello dopo,
Sulla quale camminano giocondi
Gnomi e folletti, e le sirene,
Incantate da quell'andirivieni,
Si chiedono curiose: - Ma perché? -
E non trovano risposta le fontane
Scolpite in avorio e in madreperla,
Che giocano con l'acqua nei giardini
In cui a volte siedi, e parli piano,
Sembrando quasi non voler turbare
L'armonia della Natura che ti avvolge.
E leggi un libro di poesie francesi,
Ma vorresti trovare quel traghetto
Ebbro che ti porti alla ventura,
In mezzo a terre ignote, luoghi strani,
Pur sapendo che la fine di quel viaggio
Non è tale da essere felice.
Così deponi il libro e lasci invece
Che la musica scorra intorno a te,
Ed i singhiozzi del flauto nel tuo cuore
Piangono come un usignuòlo,
Che, trovata casa e senza amore,
Si dispera nel rimanere solo.
Ed è come una corrente quel tuo fiato,
Che lasci andare in un triste sospiro,
E tale è il più bel coronamento,
A quella musica, ed al componimento.

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