martedì 11 novembre 2008

Le istituzioni filosofiche

A mio avviso, questo può essere un buon decalogo per chi, oggi, voglia fare filosofia:

1. Il filosofo deve occuparsi principalmente della speculazione e della ricerca sperimentale attorno all'esistenza di Dio e del mondo spirituale, i suoi strumenti oggi possono essergli forniti dalla psicanalisi e dall'esoterismo, ma in particolare, in questo campo, dall'astrologia, che le più rinomate università europee hanno ormai riconosciuto essere una scienza.

2. Per gli stessi motivi esposti al punto 1. Il filosofo dovrebbe occuparsi di religioni comparate.

3. La scienza della salute e della guarigione appartiene al medico. Tuttavia, il filosofo può occuparsi della prevenzione delle malattie e del benessere spirituale delle persone: a tale proposito, dovrebbe rinforzare le conoscenze riguardanti una dieta equilibrata e una sana alimentazione, e fare e consigliare un po' di sport ( io sono un patito del trekking, e non potrei mai fare a meno delle mie passeggiate, che possono durare anche 6-7 ore ), ma anche la pratica dello yoga, delle arti marziali, o di discipline spirituali come la Magia possono essere sommamente proficue, e a ciò si aggiunga il più possibile di divulgazione, ma con grande discernimento, a proposito delle possibilità offerte dall'erboristeria, che dovrebbero sempre essere, in ogni caso, sottoposte alla supervisione e al controllo del medico, meglio se erborista egli stesso.

4. Il filosofo si è sempre fortunatamente guardato bene dall'immischiarsi nella medicina ( tranne alcuni casi, come quelli di Paracelso o di Alberto Magno, che però erano di fatto prima medici e poi filosofi, e conseguentemente sapevano bene quello che facevano ), ma non si è mai comportato con la stessa cognizione di causa per quanto riguarda la fisica: da Aristotele a Kant a Schopenhauer, infatti, vediamo i più grossolani strafalcioni commessi in questa materia dai filosofi, che, in alcuni casi, hanno comportato risultati storici anche pericolosi. Il filosofo non dovrebbe immischiarsi in questa materia, come in qualcosa che non gli compete, essendo il suo campo la metafisica: questa sarebbe infatti un'opportuna limitazione delle sue competenze, rendendole maggiormente efficaci, reali, e sommamente utili.

5. Il filosofo, stanti le condizioni attuali del mondo, dovrebbe avere quantomeno una certa conoscenza di economia e di diritto anche internazionale, e della storia come strumento radicale per la comprensione degli stessi, infatti, uno dei suoi compiti, e non da poco, è proprio l'osservazione e la critica di quanto sia poco ortodosso nella società, e magari anche la divulgazione di idee atte a migliorare la situazione, qualora sia possibile, oppure di rendere più capaci di sopportarla, qualora ciò sia impossibile. In questo senso, il lavoro del filosofo non è dissimile da quello che è, o dovrebbe essere, il lavoro del giornalista.

6. Il filosofo dovrebbe sempre e comunque schierarsi dalla parte dei più deboli: infatti, scegliere la fazione del più forte non è proprio del ricercatore, ma dell'abbuffone, invece, molte sono le persone e le creature indifese che sono soggette all'arbitrio dei potenti, dagli animali massacrati per le pellicce e per gli esperimenti, alle persone che non riescono ad acquistare le medicine, fino ai residenti dei paesi più poveri della terra, che spesso mancano del cibo se non addirittura dell'acqua, nonché in generale le persone anziane e le persone in difficoltà. Anche in questo senso, dunque, il lavoro del filosofo non è dissimile da quello che è, o dovrebbe essere, il lavoro del giornalista.

7. Il filosofo deve essere sapientemente innovatore, il che significa che, pur guardando ai miglioramenti possibili, deve sempre porre un occhio sulla tradizione, sia perchè essa è un grande patrimonio, sia perché, qualora si decida di cambiare, si conoscano gli errori del passato, e non si cambi in peggio. Nessuno lo obbliga a considerarsi filosofo, e cioé amante del sapere, ma deve tenere in conto che se questo è quanto egli vuole essere, ciò lo obbliga ad imporsi i necessari oneri di chi si pone al di sopra del mondo per valutarlo e, auspicabilmente, correggerlo. Il che comporta grande studio, grande responsabilità, e in cambio del suo lavoro, generalmente, nessun riconoscimento sociale, quando gli va bene ( anzi, come insegna Arthur Schopenhauer: " Chi venga al mondo veramente per correggerlo, è già tanto se riesce a salvare la pelle. " )

8. Massimo impegno del filosofo consiste nel formarsi un comportamento etico, e nel restare in esso rigorosamente vincolato e stabile, affinchè esso non consista soltanto di lettera morta, ma di concretizzazione vivente. Come base, non ha bisogno d'altro di quel: " Fai agli altri ciò che vuoi sia fatto a te stesso, e non fare agli altri ciò che non vuoi sia fatto a te " di evangelica memoria, del quale il Bruno ebbe a dire che come comandamento è sufficiente, e che il resto appartiene al superfluo; inoltre, ci si potrà rivolgere anche allo stesso contenuto presente nel Rede della Wicca: - Finché non danneggi nessuno, fa' ciò che vuoi. - Od a qualunque altro precetto religioso ( si veda il punto 2. ) dello stesso tenore. Inutile aggiungere che dovrebbe preoccuparsi, ed invitare gli altri a fare lo stesso, anche del massimo rispetto e della massima salvaguardia della propria persona.

9. Il filosofo deve assumere un comportamento critico nei confronti del prossimo, il che, chiaramente, non significa un atteggiamento ostile, consistente nel contraddire a oltranza quanto l'altro dice: invece, dovrebbe porsi su un terreno di scontro con le idee dominanti nel luogo in cui vive, e tentare di fare inciampare il suo interlocutore sui suoi stessi ragionamenti, sforzandosi di riuscire sempre vincitore e di ottenere la ragione, ma anche di ammettere l'errore, qualora ciò non sia possibile. Questo perché il filosofo deve costringere il suo vicino ad arricchirsi su un terreno impervio e pieno di ostacoli, nonché a fronteggiare idee e pensieri diversi dai suoi; tuttavia, dovrà sempre tenere presente che non tutti hanno il tempo e la possibilità di costruirsi un impero interiore, e dovrà sapientemente dosare la sua scienza, in base a quanto conosce delle persone con cui si misura dialetticamente: naturalmente, in certi casi, ciò può anche significare lasciare perdere fin dall'inizio. Soprattutto, è importante che l'interlocutore non avverta malvagità o desiderio di contraddire o addirittura di offendere in questo, ma che sia invece stimolato a proseguire la discussione ( e si tratta davvero di uno dei compiti più difficili dei quali il ricercatore possa, per altro sempre secondo sua scelta, gravare la propria schiena ), però questo valga anche per il filosofo.

10. Risulta naturale da quanto si è detto che il filosofo si trova costretto a seguire, per quanto riguarda in generale la propria condotta di vita, la via del biasimo, infatti, schierarsi al di là della società per valutarla, specialmente vivendo in essa, come ogni buon ricercatore nel campo etico dovrebbe fare ( e quale morale od etica mai potremmo proporre, non frequentando od evitando di frequentare il nostro prossimo ? ), viene percepito dalla società come uno schierarsi contro di essa, anche se ciò non è vero, perché in realtà ci si schiera a favore e per migliorarla, ma come ogni cosa, qualunque società si adopera per difendere la propria natura, a prescindere da quanto essa sia buona o maligna, di qui le reazioni di ostilità. Il lavoro del filosofo, dunque, se bene eseguito, porterà necessariamente ad una quantità di attacchi, consistenti specialmente in offese o derisioni personali ( ma il ricercatore consideri che ciò vale a suo modo anche per gli altri, e che in ogni caso a suo tempo egli avrebbe potuto anche finire sul rogo, inoltre, ricordi la conclusione del Sermone della montagna ), che, conoscendo i propri scopi benefici, ma sul lungo periodo, egli dovrà accettare, sul breve periodo che lo riguarda, come stigmi di orgoglio e di soddisfazione personale, questa, infatti, è la migliore ricompensa che possa ricevere, perchè significa che sta svolgendo bene le mansioni che si è impartito per sua stessa scelta.

Questa è la conclusione del decalogo, in ultimo, invitandovi a considerare che, con tutto ciò, potreste sempre sbagliare, perchè sbagliare è umano, si delina finalmente la morale dello stesso, che possiamo riconoscere alla luce di migliaia di anni di storia e di speculazioni filosofiche attinenti alla stessa: non fate i filosofi, fate qualcosa d'altro, ma non fate i filosofi. Tuttavia, mi rendo conto che questa raccomandazione è inutile, filosofi si è dentro, e quando si è tali, si rimarrà tali per tutta la vita e a qualunque prezzo, e questo è davvero il più grande dono della filosofia medesima.

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