martedì 11 novembre 2008

Perché preferisco l'uomo delle caverne

Nell'era neolitica, ma anche in quella paleolitica, se vogliamo, non c'era bisogno di leggere, perché si era abbastanza filosofi al naturale, si raccontavano storie attorno al fuoco, le pareti di tutti erano decorate da meravigliosi affreschi che, stante la realizzazione tecnica nonché i limiti delle conoscenze dell'epoca, sono vieppiù apprezzati e, proporzionalmente parlando, non hanno niente da invidiare a quelli di Michelangelo, nessuno ti assillava sparandoti la televisione nelle orecchie, per lo più allo scopo di mediare spot pubblicitari non desiderati, né ti rovinava la giornata con chiamate telefoniche dai call center, o fatte per raccontarti gli eventi più assolutamente insignificanti della giornata, o ancora per altri motivi, per lo più futili quando non siano addirittura tecnici.
Inoltre, le famiglie erano straordinariamente unite, e spesso, legate le une con le altre, questo perché, non avendosi ragioni patrimoniali, non c'era motivo per derubarsi a vicenda, e conseguentemente, per farsi la guerra, si usciva in compagnia per battute di caccia, per cogliere frutti ed ortaggi generosamente dispensati dalla natura ( e che diamine! Il percorso per riconoscere i cibi sani da quelli velenosi avrà pure comportato qualche incidente, ma a un certo punto queste conoscenze saranno pure state fissate, sempreché l'uomo primitivo non attingesse a qualche conoscenza inconscia, ormai perduta, assieme a molte altre doti, presumibilmente avuta in comune con il mondo animale ), e magari, anche per sorridere e fare due piacevoli chiacchiere, ed il rapporto con gli animali era equilibrato e saggio, basato sopra un approvvigionamento determinato dalla necessità e non dall'abuso, mentre per tenere lontane le bestie selvagge, sarebbe bastato accendere un fuoco, mentre gli sciamani provvedevano ai bisogni metafisici dell'uomo in un modo così completo e salutare come nessun Kant sarebbe mai riuscito a fare.
Il mondo primitivo si presenta dunque come un mondo completamente filosofico e religioso, e perfettamente completo ed integrato, la cui unica essenza era la felicità e la gioia di stare insieme. D'altronde, le motivazioni principali delle più numerose religioni e filosofie, come le narrazioni riguardanti l'Età dell'Oro, etc. consistono esclusivamente nel tentativo di riportare l'uomo, almeno ad un livello interiore, a questo stato di grazia.
D'altronde, mi si obietterà, se questo stato primitivo era tanto giocondo, perché l'uomo si sarebbe affannato a costruire la civiltà? Esistono, a questo interrogativo, ben tre risposte:
1. Non lo ha ancora capito neanche lui, tant'è che esistono numerose leggende che cercano di spiegare se ne sia valsa la pena, mentre anche filosofi e psicanalisti, come Freud, si domandarono in numerose occasioni se la civiltà avesse un fondamento valido, e per lo più, presumibilmente essendo comunque, a loro modo, degli accademici, risposero positivamente alla domanda ( alcuni pochi, come Nietzsche, o, in età antica, Lucio Anneo Seneca, che invitava alla più assoluta dissociazione dal mondo ed a preferire la lettura dei saggi antichi alla conversazione dei moderrni, si schierarono apertamente non solo contro la società in sé stessa, ma addirittura contro i suoi fondamenti, di qualunque genere essi fossero. Inoltre, un avvicinamento della filosofia schopenhaueriana e più generalmente stoica con certe tematiche religiose, particolarmente scolastiche rende facile attribuire a queste ultime un desiderio di allontanamento non già dal mondo tutto, visto però, in alcuni casi, specialmente gli ultimi considerati, molto più come fonte di approvvigionamento che come patrimonio di condivisione ( di qui le antiche, ma mai del tutto sopite, polemiche sulla ricchezza della Chiesa ), ma esclusivamente dal mondo degli uomini, e quindi dalla civiltà che ne costituisce l'essenza.
2. Più semplicemente, l'uomo ha costruito la civiltà perché si annoiava, essendo questa da un lato un'incognita capace di soddisfare la sua creatività, dall'altro perché, sul lungo periodo, ci si stufa anche del Paradiso, come insegna Schopenhauer, sostenendo che, mentre per descrivere l'Inferno a Dante non sarebbe bastato che guardare le spaventose vicende del mondo, per definire il Paradiso non gli rimase nulla, fuorché la noia.
3. La stragrande maggioranza degli uomini non ha costruito alcuna civiltà, perché stava bene libero e felice così come esso è allo stato naturale, la civiltà gli è invece stata imposta con la forza, e gli fu quindi costruita attorno in modo che non avesse poi più vie di fuga, e cosse costretto ad adattarsi con la facilitazione delle comodità, e quindi dell'indebolimento fisico, spirituale e morale conseguente, tanto più pericoloso perché capace di far sentire tutti i suoi effetti deleteri solo in un secondo momento, che questa gli proponeva ( strumento dei Romani in questo senso erano prevalentemente le terme, mentre oggi è il televisore ): questo assioma vale per i vari villaggi che sarebbero stati unificati sotto il dominio del faraone Narmer, come per le popolazioni celtiche, gli indios incontrati da Cristoforo Colombo e quindi sterminati, le popolazioni pellirosse che fecero la stessa fine, etc. Questo avvenne perché con la rivoluzione agricola ci si accorge che il bene patrimoniale reale non è quanto si consuma, ma quello da cui il consumabile si può produrre a volontà, e ciò porta ad una sete senza misura di campi e di terre, e ad un istinto di rapina la cui unica conseguenza è la guerra.
Unica eccezione a questo percorso storico è la pòlis greca, la quale riuscì a svilupparsi da quegli istinti perfettamente naturali proprio del mondo delle caverne, e che diede infatti luogo ad una nuova e progressiva età dell'oro ( il cui sinonimo, non a caso, divenne l'Arcadia ), e che fu per ciò stesso soggetta alla continua minaccia dei Persiani, che la loro cultura non riuscì soltanto ad arginare, ma addirittura a controbattere e vincere con Alessandro: questo perché i Greci, unico popolo nella storia, trasferirono il mondo primitivo nella loro cultura e nel modo di porsi di fronte all'esistenza tutta, ed accettarono solo fisicamente i compromessi dello sviluppo.
Comunque, essendo il mondo greco ormai scomparso dal percorso storico ( ma fino a che punto, sono davvero scomparsi i popoli antichi dal mondo come attesta il Leopardi dell'Infinito, oppure vivono in noi? Perché leggendo Kavafis ci accorgiamo non solo di essere tornati nel sentimento e nella mentalità del mondo greco antico, ma anche di quelli più vicini all'attuale modo di vivere della conversione del mondo al cristianesimo? Insomma, i nostri antenati sono davvero scomparsi, o sono semplicemente invisibili vicino a noi, e muovono le nostre scelte, i nostri dialoghi, le nostre parole e le nostre azioni? ), chiunque sia interessato ad indossare mutandoni in pelle di tigre rigorosamente dai denti a sciabola, e canottiere di lana tosate personalmente dalle pecore, mi contatti, e fonderemo una tribù.

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