martedì 11 novembre 2008
Yeats, Fiabe Irlandesi
Devo dire che queste fiabe non sono quelle della mia infanzia: fin da allora, infatti, preferivo narrazioni più sanguigne e macabre come quelle dei fratelli Grimm, o di Perrault ( naturalmente censurate ed illustrate come sempre avviene nell'infanzia ), tuttavia, questa raccolta fatta dallo Yeats, e che costituisce di fatto il secondo volume di collazione delle tradizioni affabulatorie dell'Irlanda, cominciata in " Fairy and Folk Tales of the Irish Pesantry ", pubblicata da Edizioni Fabbri nella traduzione di Mariagiovanna Andreolli e Melita Cataldi è davvero gustosa, e le narrazioni passano dalle vicende di guerra a quelle di spettri fino a raggiungere toni straordinariamente comici e divertenti ( come ne " Il pasticco stregato ", dove un pasticcio di carne, appunto stregato da un tale per impedire un matrimonio, se ne va in giro per il paese creando grande scompiglio e dando origine ad una quantità di situazioni farsesche). Come se non bastasse, il volume raccoglie un'appendice di ballate tradizionali, dalle quali è tratta la precedente, e bellissima " The Fairy Thorn ". Le ballate sono riportate in lingua originale con traduzione a margine; Anna Grace deve essere uno di quei personaggi che vengono rimbalzati con un'eco di richiami da un canto all'altro, tant'è che si fa riferimento alla stessa anche in un'altra delle ballate raccolte in questo esiguo numero di pagine. Non perdete il riferimento pessimista: Anna in Ebraico significa " Grazia ", ed anche Grace, in Inglese, significa chiaramente " Grazia ", ciò fa riferimento alla grazia infantile che si perde crescendo, ed a quel poco che ne rimane che si perde invecchiando, il bosco rappresenta le dolorose, tetre o malinconiche, ma più spesso noiose e ripetitive, vicende della vita, mentre le tre vergini che vanno a chiamarla possiamo immaginarle come una manifestazione archetipale delle tre Grazie, e cioé, in questo caso, di quel motore del desiderio e della volontà che ci muove, il più delle volte fallendo, nella vita. ( E infatti non sopravvivono a lungo alla protagonista, perché la loro funzione, perduta questa, diventa vieppiù inutile, così come, man mano che invecchiamo, le nostre passioni si fanno via via meno forti e meno intense, ed una maggiore consapevolezza della vanità di esse ne prende il posto ).
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